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Cognata e nemica

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view post Posted on 1/6/2010, 00:22     +1   -1




Cognata e nemica

Algida bellezza Capitolo primo


Ci sono persone a noi vicine che spesso non consideriamo o peggio odiamo senza saperne realmente il perché.
Mia cognata Barbara è una di queste, discorda con qualunque cosa io dica e ci alteriamo per puerili cazzate, io la considero una intransigente bacchettona e lei nella migliore delle ipotesi , un bambino mai cresciuto.
Bella è bella, alta, castano biondo, seni minuti, gambe nervose, naso all’insù , bocca ampia e labbra leggermente carnose, mai volgare negli atteggiamenti e sempre in tiro , insomma una donna di classe ma algida e perennemente incazzata.
Sposata con il fratello di mia moglie, un uomo che è esattamente il contrario di me , uno di quelli che ponderano tutto e razionalizzano tutto, raramente fa la cosa sbagliata e se la fa è per compiacere la stronzetta, pertanto Barbara era distante da me e anch’io la volevo così……………… almeno fino a due settimane fa.
Come ogni fine estate organizzo una cena con i parenti a casa mia , trenta persone o giù di lì, quest’anno sono partito dai vini abbinando poi le pietanze , il tema Spagna,
e così tra un txacolì e insalata di granchio, un altos de innurieta e goulash, un rjoca reserva 2001 e costata di manzo, senza accorgermene ho bevuto un po’ più del lecito ,mia cognata era seduta di fronte a me e quella sera avevamo litigato su tutto, politica, educazione, cibo, persino sull’arredamento del suo nuovo ufficio, all’ennesima punzecchiatura ,complice il vino, le ho detto che era rigida e bigotta senza rimedio e senza nessuna speranza di evolvere in meglio , talmente fredda che se la clonavano il problema del riscaldamento terrestre era risolto ……………….. dagli sguardi dei commensali capii che avevo veramente esagerato, d’altro canto lei mi apostrofò violentemente e se ne andò con passo sicuro verso il laboratorio .
La guardai allontanarsi, indossava un vestito di seta rosso che le arrivava fin sotto il ginocchio, scarpe con tacco squadrato di 5 cm., era al solito, perfetta, non fosse per il fatto che era anche una grandissima rompicoglioni!!!
Mia suocera, che la adorava e conseguentemente detestava me , mi impose di andare a rimediare.
Di malavoglia, anche se realmente un po’ pentito lo ero, m’incamminai verso il laboratorio, la trovai di fronte ad una scultura , l’ultima nata, un vortice di ferraglia arrugginita che però nell’insieme dava un senso di movimento ed i particolari ad un osservatore attento potevano dare molti spunti, mi avvicinai e mormorai le mie scuse, passarono alcuni secondi e disse
-Fa niente,ho esagerato anch’io ed in fondo a volte me lo merito,
Ero allibito, una dichiarazione di pace !!!!!
Il clima pesante fu alleggerito ulteriormente dalla sua seconda uscita
-Bella la scultura.
Aveva sempre disprezzato la mia arte
-Ha un senso.
-Certo.
Farfugliai
-E’ il tempo che passa e tutti quei pezzi rappresentano i tasselli da cui è composto e.. Mi fermò mostrandomi il palmo della mano.
-Stop!! mi stai prendendo in giro, vero?
-Touchè, In realtà l’unica cosa che ha un senso è questo .
Le mostrai uno di quegli anelli che si usano per legare gli animali, mi guardò con aria interrogativa.
-Si ti ci legherei quando mi fai incazzare.
Mi indirizzò uno sguardo di rassegnata pazienza per l’imbecille che ero e disse ,
-Lascio perdere solo perché sei ubriaco fradicio, sorrisi giovialmente -Sono solo brillo.
A quel punto allungò le sue mani sulle mie spalle e mi si mise di fronte , si avvicinò al mio orecchio e sussurrò
-Questo cambia tutto!
E mi ammollò una inattesa ginocchiata sulle palle , mi lasciò steso a terra dolorante a imprecare.
Ripresi fiato,e pensai……
-Accidenti magari questa me la sono chiamata.
Raggiunsi il casino al piano superiore , era l’ora del dolce e avevo fatto un ottimo bonet al fernet, la stronza aveva un sorriso a trentadue denti evidentemente soddisfatta del risultato ottenuto dalla nostra discussione, assunsi un’aria remissiva misi il bonet sul tavolo ed iniziai a servirlo, mia cognata era ancora lì con quell’espressione vittoriosa in volto, mi incaricai di recapitarle il dolce, “casualmente” scivolai e il meraviglioso budino le finì addosso sporcandola, nello scivolare mi godetti tutte le espressioni del suo viso: sorpresa; paura; vergogna,; sgomento; lucida rabbia.
Non vi dico quel che successe dopo, ma potete facilmente immaginarvelo.
All’indomani mia moglie, dopo il cazziatone serale, mi disse che era tempo di piantarla, che dovevamo chiarirci una volta per tutte, che non se ne poteva più delle nostre bambinate, avevo la testa che scoppiava e lei continuava a blaterare avrei fatto di tutto per farla star zitta e fu così che acconsentii per un incontro chiarificatore il giorno dopo tra me e mia cognata. La invitai a pranzo sigh!!!
Ore 13.00 ero puntuale , avevo prenotato nel ristorante di un amico pregandolo di darmi un tavolo isolato, si sa mai magari volasse qualcosa….
Arrivò con mezzora di ritardo che già ero al secondo aperitivo, nonostante l’incazzatura non potei fare a meno di ammirare la sua eleganza, portava un tubino nero che le stava un incanto, e mentre si avvicinava accompagnata dal mio amico, mi guardava senza distogliere gli occhi dai miei, potevo leggere l’ira e la determinazione con cui aveva intenzione di affrontarmi , dovevo prepararmi al peggio ,si sedette senza dire una parola, stavamo studiandoci in silenzio, iniziai incerto scusandomi per quel che era successo offrendomi di ripagarle il vestito e dicendo tutte quelle banalità che una persona a modo dovrebbe dire in una circostanza com’era quella , mentre parlavo non mi riconoscevo e in effetti dopo poco gli chiesi un risarcimento per il bonet che era andato sprecato e per le mie povere palle doloranti.
Ero pronto ad incassare, ed invece disse
-Sai il bonet non era granchè e le tue palle che valore vuoi che abbiano.
Il tutto condito da un sorriso, che dopo un istante si tramutò in una risata sonora, ribattei che il bonet non si discuteva e che le mie palle prima del suo trattamento funzionavano benissimo, altra risata .
Il ghiaccio era rotto e dopo aver parlato molto e mangiato pochissimo le feci i complimenti per come le stava il tubino e per l’espressione meravigliosa che aveva quel giorno, mi guardò torva ,
-Cognato! Sembrerebbe un rituale di corteggiamento?
-Beh! Il condizionale è appropriato stavo solo manifestando uno stato di fatto.
Risposi difendendomi e dimostrandomi un pessimo avvocato.
In quel momento i miei organi sensoriali erano tesi con un unico obiettivo ,lei.
I miei occhi vagavano sul suo corpo, cercavano le labbra e ne seguivano i contorni , i capezzoli induriti sotto il vestito, lo sguardo sperando di trasmettere un’urgenza non vista .
Le mie orecchie ascoltavano la sua voce senza sentire parole ma solo toni, sussurri , labiali, vocali trascinate in un vortice di sensualità senza fine.
Il naso aveva ormai isolato il suo profumo e ne traeva impulsi che il cervello traduceva in un richiamo animale sempre più pressante.
La pelle cercava un contatto che non poteva avvenire e fremeva.
La lingua e il palato infine volevano quel frutto succoso.
Il pranzo finì, salutai il mio amico, e ci dirigemmo verso il parcheggio
-Senti puoi darmi un passaggio in ufficio? Prima mi ha accompagnato una collega e adesso sarei appiedata, e poi avrei bisogno di un’idea per arredare una stanza , con l’architetto non ne vado fuori.
Acconsentii eliminando mentalmente ogni possibile impegno.
Il breve viaggio fino all’ufficio lo passammo in silenzio, salimmo in ascensore, ancora silenzio, quando varcai la porta mi ritrovai immerso nel suo mondo, l’arredamento era minimalista, elegantemente sobrio, tutto parlava la sua lingua, dai quadri alla più piccola finitura, eppure era come se mancasse qualcosa.
-Ecco.
Esordì.
-Questo è il posto dove passo la maggior parte del tempo, e questo.
Indicò una stanza vuota con una grande parete vetrata che dava su un terrazzo
-E’ lo spazio dove intendo fare la sala riunioni con annesso il mio ufficio, quella, al centro,vi era un chaisse-longue rivestita in pelle marrone scuro, è il punto di partenza.
Intendeva dire che non vi avrebbe rinunciato, la invitai a sedercisi sopra, lo fece con la solita grazia che metteva in tutti i suoi movimenti.
Voleva un consiglio ed ero intenzionato a stupirla, in realtà quelle due ore a pranzo mi avevano permesso di conoscerla più a fondo di quanto pensassi ed ad intuirne una personalità latente non ancora esposta, dopo pochi minuti impiegati a misurare mentalmente gli spazi formulai la mia idea che prevedeva un mobilio minimalista sullo stile del resto dell’ufficio, la chaisse-longue piazzata davanti alla vetrata avrebbe dovuto avere un elemento forte che scendeva dal soffitto proposi una grande mano nel gesto di prendere la persona che vi era seduta, il tavolo riunioni, invece,sarebbe stato illuminato da tre lampade rosse con sfumature nere richiamanti la lava incandescente , e l’attaccapanni a muro, altro elemento di rottura , formato da alcune lingue umane in resina a sorreggere gli abiti.
Rimase di sasso, pensai immediatamente di aver cannato, guardò la mia espressione, -Non stai scherzando vero? E tu vorresti che io mettessi i miei vestiti su delle lingue che fuoriescono dal muro!!!???? E che mi rilassasi sulla mia sedia preferita con l’incubo di una mano appesa sopra!!!!??? E che tenessi una riunione con un fiume di lava incandescente sulla testa!!!!???
Sembrava furibonda “riecco la stronza” pensai.
Dopo la sfuriata , si ridistese, si calmò e rimase a pensare con gli occhi aperti, io presi la giacca e m’incamminai verso l’uscita, quando udii la sua voce alle spalle
-No, non andartene, lascia che ci pensi , intanto aspettami in terrazzo.
Aspettai un tempo che non riuscii a quantificare , quando uscì il sole era tramontato , mi prese sottobraccio
-Entriamo.
Mi ricondusse all’interno.
-Grazie , non eri tenuto ad aspettarmi e comunque ci ho pensato, hai ragione qui è tutto asettico e perfettino c’è bisogno di un cambio di rotta, ma se non ti dispiace rinuncerei alla lava e mi terrei mano e lingue.
Eravamo uno di fronte all’altra e non ero in grado di distogliere lo sguardo da lei, che stranamente non era a disagio, mi avvicinai sussurrando
-Ed io mi terrei le tue labbra.
Lei le avvicinò alle mie e mormorò.
-Prendile.
Ci baciammo languidamente, le nostre lingue si cercavano, il bacio infine divenne frenetico e le sue mani scivolarono sotto la mia camicia , io cominciai a risalire da sotto il vestito, lungo le sue gambe, arrivai in breve al centro del suo piacere, aveva il tessuto degli slip fradicio, glieli strappai in un solo colpo, lei ebbe un sussulto e si appoggiò alle mie dita senza ritegno, fremeva ad ogni contatto, intanto mi aveva sbottonato i pantaloni ed ora aveva in mano il mio cazzo lo lisciava in tutta la sua lunghezza ,lo stringeva e trasmetteva ogni minimo fremito che riceveva, gemeva sul mio orecchio ripetendo,
-Non smettere ti prego, non smettere.
Ero perduto nella sua essenza , nel suo odore, quando mi disse.
-Scopami stronzo!! scopami!!
Risvegliò in me un’urgenza animale , la presi in piedi addosso al muro, con lei che mi incitava e apostrofava a sfondarla a riempirla del mio sperma , a farla sentire una cagna, ed io mi sentivo la bestia che voleva e il mio cazzo era il passaporto per la sua anima, la scopai sul pavimento, sulla chaisse-longue, in bagno davanti allo specchio con le mie dita in bocca, mentre le sussurravo che si immaginasse con un cazzo al posto delle dita, sulla terrazza con i vicini del piano sotto che stavano discutendo di cucina , e lei a pecora con la bocca tappata, alla fine ogni angolo di quell’ufficio era intriso dei nostri umori.
In ascensore mentre scendevamo al parcheggio mi baciò e disse
-Che dici per quel discorso sul riscaldamento terrestre……..meglio che non mi clonino???!!!!
 
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