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L’inizio della mia fine - 2a parte

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view post Posted on 1/6/2010, 00:21     +1   -1




Dopo aver vissuto quello che mi sembrava un incubo, cercai per lo meno di porre rimedio alla cosa cercando di far ragionare Alex, mio figlio, che nel frattempo aveva raggiunto la sua camera chiudendosi dentro.
Percorsi il corridoio in uno stato di trance, avevo ancora indosso il lenzuolo che mi copriva, senza nemmeno accorgermi me lo ero avvolto attorno al corpo nudo.
Raggiunta la porta della cameretta bussai e spinsi sulla maniglia della porta ma era chiusa.
Con una voce flebile e tremolante pronunciai il nome di mio figlio Alex - Alex, Alex ti prego, aprimi, non è come pensi, dai ti prego apri, parliamone.
La porta si aprì di scatto.
Mi apparve Alex, aveva due occhi che sembravano indemoniati “brava troioa hai detto bene, ti prego” disse a voce alta, seguito da un ghigno isterico.
Proseguendo poi con ”da oggi dovrai pregarmi di non far vedere a nessuno quanto sei troia” e ricorda “che ti costerà parecchio” e riprese con quel ghigno sadico che già avevo sentito pocanzi.
Rimasi sconcertata da quelle parole, non mi rendevo conto di ciò che mi stava succedendo, ero stordita, frastornata, allibita, sconvolta, non potevo concepire che Alex, mio figlio che adoravo, mi stesse trattando in quel modo, come se fosse un ricattatore, che potesse volere soldi da me per non rovinarmi la vita, ma mi ero sbagliata, non erano soldi quelli che voleva da me e non tardai ad accorgermene.
Distrutta feci per tornare verso la mia camera, ma una voce tonante e roca che nulla aveva a che vedere con quella solita di mio figlio tuonò nel corridoio “ dove cazzo pensi di andare troia?”
Come un automa tornai sui miei passi e varcai la porta della cameretta di mio figlio.
Rimasi li in piedi in una condizione mentale che era alla soglia della pazzia, non riuscivo a rendermi conto di ciò che stava succedendo, né tantomeno riuscivo a reagire, il mio corpo e la mia mente vivevano in una dimensione surreale.
“Togliti quello straccio di dosso” e come un automa obbedii, il lenzuolo avvolto intorno al mio corpo cadde a terra e, mi ritrovai nuda al cospetto di colui che era mio figlio, sentendomi sprofondare nel delirio.
“VOLTATI” mi girai voltandogli le spalle.
“Non sei un gran che, sei giusto una troia”
Rimasi in quella condizione per non so quanto tempo, un silenzio irreale ci circondava, e il tempo sembrava non passare mai, mentre io ero li nuda ad attendere chissà cosa, sentendo lo sguardo di colui che era il mio adorato figliolo e che si era trasformato nel mio aguzzino, addosso.
“Sbrigati a spegnere tutte le luci e a chiudere l’uscio poi chiudi a chiave camera tua e portami
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la chiave”
Rimasi inebetita “ VELOCE TROIA”
Corsi verso la porta, la chiusi, chiusi le imposte delle finestre del piano terreno, incurante del fatto che ero completamente nuda e che magari qualche vicino insonne potesse vedermi, poi salii le scale spegnendo dietro di me tutte le luci, passai dalla porta della mia stanza, rivedendo il letto sfatto e il lembo strappato del lenzuolo che prima copriva il mio corpo ancora penzolante dal bordo del materasso,chiusi la porta a chiave, spensi la luce dell’anticamera e varcai la soglia di quello che era il mio inferno, ritornando al cospetto del mio carnefice, allungai il braccio e gli consegnai la chiave.
“Sei troppo lenta troia”
Fu quello che sentii appena consegnata la chiave.
“Ora stenditi a terra di fianco al mio letto, questa notte la passerai qui accucciata come una cagna”
Obbedii come un automa, mi distesi e rimasi immobile.
La luce si spense, lasciandomi in quello stato irreale che nel buio poteva sembrare un incubo.
Lo stato in cui mi trovavo mi impediva di muovermi o di reagire e, nel frattempo iniziavo a prendere coscienza della situazione in cui mi trovavo.
Non riuscivo a darmene una ragione.
Era impossibile che tutto questo stesse succedendo a me, solo per una distrazione, per una debolezza avuta in tanti anni.
Nel silenzio sentivo mio figlio muoversi nel letto, non capivo o forse non volevo capire cosa stesse facendo.
Poi un sospiro, un ansimare profondo, non era possibile….si stava masturbando e aveva raggiunto il piacere.
La luce si accese accecandomi, non ebbi nemmeno il tempo di abituare gli occhi, che la sua mano passò veloce sulla mia bocca, non ci potevo credere, mi aveva cosparso la bocca e il viso con il suo sperma, infilandomene parte anche nelle narici, terminando di ripulirsi la mano nei miei capelli.
La voce risuonò di nuovo ”Troia non ci provare nemmeno a pulirti, se vuoi leccane un po’ tanto sei abituata” e scoppiò di nuovo a sghignazzare poi “Domani alle dieci voglio che tu mi serva la colazione in camera e puntuale chiaro” ”CHIARO?”
"Si - risposi - come vuoi tu Alex".
La lampada si spense e calò di nuovo il buio totale.
Non so che ora fosse, lo stato psicologico in cui ero mi impediva di prendere sonno e poi, quell’odore acre sotto le narici, lo sperma che si stava asciugando sul mio volto, sulle mie labbra faceva si che la pelle si tirasse come incollata, non era la prima volta che sentivo il seme maschile sul volto, ma non mi era mai capitato di doverlo subire come imposizione e soprattutto di non potermelo togliere a lasciare che si raggrumasse su di me era una sensazione di degrado terribile.
Il mattino sembrava non voler arrivare mai, nella mia mente un turbinio di pensieri, cercavo un modo per poter uscire da questa situazione assurda, mi domandavo come fare, mi illudevo che l’indomani tutto sarebbe finito, che Alex si sarebbe calmato, che tutto fosse solo una sfuriata dettata dalla rabbia per ciò che aveva visto.
I primi raggio di luce facevano capolino nelle feritoie delle persiane.
Io ero li immobile, dopo la notte insonne, infreddolita, ma soprattutto, ero li stesa a terra come fossi un cagnolino obbediente, nuda.
La ragione cominciava a farsi strada nella mia mente.
Mi dicevo ora ti alzi, cerchi tutte le foto intanto che lui dorme e la storia finisce qui.
Dentro di me cominciava a crescere una rabbia notevole, non potevo permettere a mio figlio di trattarmi come una sgualdrina, anche se ai suoi occhi potevo essere sembrata tale, ero pur sempre sua madre.
Decisi di agire, gattonando nello stato in cui ero iniziai a perlustrare la camera, ecco la polaroid, ecco, forse sono qui nel cassetto,nulla.
Iniziai a perdere la calma, passai al setaccio i pantaloni, il portafogli, la camicia, che presi istintivamente e me la misi, a coprire quella vergogna e quello schifo che stavo provando, poi guardai dentro il giaccone, nulla, iniziai ad aprire l’armadio, ma il rumore che fece, svegliò il mio aguzzino.
“Cazzo fai troia” mi urlò mentre accendeva la luce della lampada posta sul suo comodino.
Mi ribellai “ALEX ORA BASTA, FINIAMOLA CON QUESTA STORIA, SEI ANDATO TROPPO OLTRE” urlai, stando in ginocchio vicino all’armadio aperto e cercando di tener chiusa la camicia con le mani e le braccia a coprire il mio corpo.
“FINISCILA, BASTA, BASTA” cadendo poi in un pianto liberatorio della tensione che avevo accumulato.
Impassibile e gelido Alex si alzò dal letto, si avvicinò a me, dagli occhi sembrava uscisse una luce accecante, mi faceva paura, non lo conoscevo così, arrivato vicino a me mi mollò un ceffone fortissimo, che mi fece cadere all’indietro, poi mi prese per un braccio, era forte molto più forte di me, che ormai ero inerme, mi alzò di peso, mi strappò via la camicia e urlò “ Devi rimanere nuda troia “ poi mi buttò fuori dalla sua stanza assestandomi un calcio nel fondoschiena, sbattendo la porta e chiudendola a chiave, e da dietro la porta “ Puntuale voglio la colazione alle dieci”.
Mi ritrovai nel corridoio a terra lacrimante, piangevo come una bambina, in modo isterico, non riuscendo a fermarmi, lamentandomi ad alta voce, la porta si riaprì, “Finiscila di far casino troia che voglio dormire” poi avvicinandosi a me con il piede di nuovo mi spinse oltre spedendomi quasi sulle scale che portavano al piano terreno della nostra villetta.
Quindi rientrò in camere sbattendo e chiudendo la porta a chiave.
Rimasi a terra per non so quanto tempo, distrutta nella mente e nell’anima.
Non sapevo cosa fare, come togliermi da quella situazione irreale, ma non vedevo soluzione, anche se dentro di me sentivo che non potevo soccombere a quel sopruso.
Andai istintivamente verso la mia camera, ma raggiunta la porta e spinta la maniglia un’altra amara sorpresa, era chiusa, l’avevo dovuta chiudere ieri sera.
Mi riprese la disperazione e sentivo le mie lacrime solcarmi il viso.
Scesi al piano sotto.
Sentivo il caldo del palquet sotto i piedi, era l’unico conforto che potevo concedermi.
Raggiunsi il salone, mi sedetti su una poltrona, raggomitolandomi quasi a nascondere a me stessa la mia condizione e continuando a piangere, le mie lacrime scivolavano sul viso quasi a voler lavare lo schifo che avevo sulla faccia, ma nel contempo ravvivando l’odore acre che sentivo sotto le narici.
La tensione del momento e la stanchezza fecero il resto e, mi assopii in un momento di rilassamento che mi portò a chiudere gli occhi, forse mi appisolai anche.
Un brivido di freddo mi scosse dopo un po’.
Guardai verso la tv e vidi che l’orologio del videoregistratore segnava le 9,35.
Il terrore di cosa fare mi investì.
Andare in cucina e preparare la colazione o rimanere qui e attendere l’evolversi della situazione.
Il tempo scorreva troppo veloce mentre ero assopita nei miei pensieri.
Le 9,45.
Mi alzai dirigendomi verso la cucina.
Decisi di portare la colazione in camera a mio figlio, mi dissi vedrai che la notte porta consiglio e questa bravata finisce.
Non potevo aprire le persiane, il mio vicino aveva l’abitudine di salutarmi la mattina e certo non potevo presentarmi nelle condizioni in cui ero.
Presi un grembiulino da cucina, lo indossai e aprii le persiane, puntuale il saluto del mio vicino - Buon giorno signora; risposi al saluto, ma notai che il signor Aristide rimase un po’ sconcertato. mi ritirai alla svelta, non potevo pensare che si fosse accorto di qualcosa, un attimo in bagno e la disperazione mi assalì appena passata davanti allo specchio: avevo la faccia coperta dallo sperma raggrumato di mio figlio, i capelli segnati da ciò che era avanzato sulle sue mani e il tutto era completato dal mio volto sconvolto e solcato dal segno delle lacrime che avevano qua e la ripulito il mio volto.
Non ebbi nemmeno il coraggio di rimanere in bagno, scappai in cucina.
Presi la moka e preparai il caffè, un vassoio, il bicchiere con l’acqua, il cornetto, misi tutto sul vassoio, appena pronto il caffè lo versai in una tazzina e la riposi sul vassoio.
Presi il tutto e mi diressi al piano superiore.
Erano le 9,57
Mi avvicinai alla porta della camera di mio figlio e con sorpresa la trovai aperta.
Entrai.
Mio figlio era disteso sul letto.
"Alex, Alex la colazione è pronta".
Si voltò di scatto e con un gesto repentino mi fece volar via di mano il vassoio facendo cadere tutto parte a terra parte sul letto e su di lui.
Mi arrivò subito dopo un altro ceffone, che di nuovo mi fece cadere a terra, poi mi prese per i capelli dandomene altri due o tre, poi fu la volta del grembiule fatto a pezzi riportandomi allo stato di completa nudità, ma non ancora soddisfatto prese la cintura dai suoi pantaloni e mi colpì sulla schiena una, due, tre, quattro volte poi fu la volta delle natiche, sembrava non finire mai.
Sentivo il corpo in fiamme.
Poi di nuovo la voce roca e ora anche perentoria e inflessibile. ”Ti ho detto che devi stare nuda troia e non voglio più ripeterlo”
Quindi fui di nuovo investita da altre scudisciate che piovevano su tutto il mio corpo.
Quando ebbe terminato “Ora pulisci tutto cambia le lenzuola e riordina il letto”
Obbedii senza fiatare anche se Alex di nuovo aveva impugnato la Polaroid e, mentre rassettavo il letto in quelle condizioni non perse occasione per immortalarmi in altri scatti scandalosi.
Non potevo fare nulla e lasciavo che tutto si succedesse rimanendo inerme, pur continuando come un automa ad eseguire i suoi ordini.
Quando ebbi finito, mi ordinò” Ora troia prendimi un cambio”
Obbedii senza fiatare prendendo un pigiama dal cassetto.
Quando glielo porsi, partì un altro ceffone “Ho detto un cambio troia”
Mi voltai prendendogli anche slip e maglietta e porgendogliele.
“Brava troia cominci a imparare. IN GINOCCHIO”
Vidi che si stava togliendo la casacca del pigiama e la maglietta, sentii il sangue raggelarsi, ero li in ginocchio, nuda, davanti a mio figlio che si stava spogliando.
Una volta che ebbe finito mi si avvicinò.
“Ora toglimi i pantaloni” mi disse e nel frattempo mi prese un capezzolo fra le dita torcendomelo e strappandomi un grido di dolore, a cui seguì una maggiore torsione con un
“Zitta troia”.
Feci per farlo con le mani, ma un altro sonoro ceffone mi fermò.
“Non vorrai mica toccarmi con quelle mani da troia capaci solo di far seghe ai mezzi finocchi che lavorano con te vero troia”
"Alex ti prego basta, ti supplico, ti scongiuro, basta bastaaa" e caddi prostrandomi e piangendo.
Il solito ghigno risuonò nella stanza.
“Muoviti troia toglimi pantaloni e mutande con la bocca”
In lacrime obbedii, trovandomi a un certo punto a tu per tu con il suo membro in erezione davanti al viso dapprima coperto dagli slip, ma poi a diretto contatto con il viso non appena iniziai ad abbassarli, mi solcò dapprima il naso sentendone l’odore acre, poi gli zigomi e la fronte, senza che lui facesse nulla per aiutarmi; quel membro mi parve enorme e mostruoso.
Fatto ciò gli infilai con non poche contorsioni gli indumenti puliti sentendo sempre nelle orecchie quel ghigno surreale che ormai era divenuto quasi un terribile sottofondo.
Dovetti quindi ripassare davanti a quel mostro, che oltretutto mi impediva di terminare ciò che stavo facendo, poi con uno sforzo notevole della mascella tirai gli slip verso l’alto e aiutandomi con la fronte e il naso riuscii a farlo entrare coprendolo.
Fu quindi la volta dei pantaloni del pigiama che però riuscii a mettere in posizione con maggiore facilità
Quando ebbi finito mi allontanò con un piede da lui e mentre finiva di indossare la maglietta e la casacca del pigiama mi disse:.
“VAI A PREPARARMI LA COLAZIONE TROIA POI PORTAMELA QUI”
E io obbediente eseguii …

(continua)
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