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Quelle strane occasioni, Incesto

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pusher93
view post Posted on 18/3/2009, 20:49     +1   -1




Parte 1

Indubbiamente siamo una bella famiglia: papà e mamma, avvocati entrambi, guidano un affermato studio legale; io Paoletta, e mio fratello Marco frequentiamo rispettivamente il II^ ed il III^ Liceo Classico. Viviamo in una grande casa, che occupa un piano intero, confortevole e molto accogliente. Io e mio fratello siamo stati abituati a vivere in modo molto aperto e privo di tabù. Capita spesso, per esempio, di ritrovarci, al mattino, entrambi nel bagno, io a imbellettarmi e lui a sbarbarsi in pigiama, se non addirittura in reggiseno e mutandine io, in boxer lui.

Ho un corpo, che, come sento spesso sussurrare ai miei compagni di classe o agli amici di mio fratello, fa sognare ad occhi aperti, anche se ancora completamente inesplorato, eccezion fatta per le mie mani. Tutto ebbe inizio una mattina di aprile mentre, come al solito, stavo in bagno di fronte allo specchio, intenta a passarmi il rossetto sulle labbra. Mio fratello entrò, ancora con gli occhi gonfi dal sonno e “ ma ti vuoi spicciare “ mi disse “ ma è mai possibile che ogni mattina tu mi debba far perdere tanto tempo? Ma perché non ti trucchi nel bagno di mamma?”. “ Perché questo bagno, se non ricordo male ce l’abbiamo in comune” gli risposi, piccata, osservandomi lo strato di rossetto leggero che mi ero messa sulle labbra “e poi nell’altro c’è mamma: ha udienza ‘stamattina; ho quasi finito” Lui, paziente, andò a sedersi sul bordo della vasca e, dopo avermi osservata per un po disse ,come se facesse una considerazione senza nessuna importanza: “ Chi sa quanto pagherebbero i miei amici per poterti vedere come ti vedo io tutte le mattine” “Io l’ho sempre pensato che i tuoi amici sono un branco di porcelloni e, tu, non sei di meno” gli risposi con noncuranza “e poi” continuai “ non capisco che cosa tu veda tutte le mattine” Lui, portandosi le mani agli occhi nell’atteggiamento di chi scruta con il cannocchiale disse: “Da questa posizione se scruto l’orizzonte vedo….vedo….vedo un bel culetto a mandolino; se guardo nello specchio, vedo riflesse due tette fantastiche ingabbiate, in quei cosi che voi chiamate reggiseno, senza nessuna ragione poverine” Si alzò, mi si avvicinò alle spalle e dandomi un buffetto col palmo della mano sinistra sulla natica destra e spingendomi poi verso la porta del bagno, tenendo sempre la mano sulla natica aggiunse: “ Su, fila via che mi debbo sbrigare.

Alla prima ora, ‘stamane, ho latino e lo sai che il professor De Stefani, se arriviamo con un minuto di ritardo non ci lascia entrare”. Mi avviai verso la porta esclamando, a mo di rivalsa: “ Se guardo nello specchio io invece, vedo una faccia da cretino” Chiudendomi, lesta, la porta alle spalle come se volessi evitare la sua reazione. La cosa, a cui, tra l’altro, io non avevo dato nessuna importanza, finì li. Dopo qualche settimana, mentre dopo essermi fatta una doccia, asciugata e appena rimessa e abbottonata la giacca del pigiama, mi accingevo ad uscire dal bagno, ecco che mio fratello entra, chiude la porta e vi si appoggia con le spalle e quando io mi avvicino per uscire esclama:” Senti Paoletta, posso chiederti una cosa?” E al mio cenno di assenso sussurra: “Mi fai vedere le tette?”. Presa alla sprovvista, da una domanda così inaspettata, per qualche secondo rimango sbalordita con la bocca semiaperta, trattenendo il fiato.

“Dai! Ti prego!” incalza lui “ fammele guardare!”. “Marco!” esclamo “Marco! Ma….ma ti rendi conto di che cosa mi stai chiedendo?” “Su Paoletta! Ti prego, lasciamele guardare! Che ci perdi?” continua lui. “Ma sei forse andato via di testa?” gli chiedo confusa “Ma ‘stamattina vaneggi, per caso? Lasciami passare dai!” E poiché lui non si sposta dalla porta lo minaccio: “Guarda che se non la smetti e non mi lasci passare chiamo mamma!” “Su, Paoletta” riprese lui, per nulla intimorito dalla mia minaccia “Lasciamele guardare! Che male c’è? Vorrei solo vederle. Avresti forse preferito che ti spiassi? Vedi: sono stato leale con te: te l’ho chiesto; avrei potuto spiarti mentre ti vesti e invece te l’ho chiesto: su, ti prego! Lasciamele guardare per un momento, per un momento solo.

E poi, che le dici se chiami mamma?” Già! Che le avrei detto pensavo, imbarazzatissima, mentre sentivo le mie resistenze, lentamente venir meno. All’ennesima supplica cedetti e, lentamente, mentre esclamavo con tono rassegnato e lamentoso: “Oh, Marco! Ma che cosa vuoi? Cosa mi fai fare?” cominciai a sbottonarmi il pigiama, rimanendo per qualche secondo con i seni, sodi e prorompenti, esposti alla sua visione. Poi, mentre mi riabbottonavo il pigiama, tenendo gli occhi bassi, ma con una sensazione di compiacimento e nello stesso tempo di stordimento, dissi con voce quasi impercettibile: “Ora lasciami passare”. Lui, aprì la porta, si scostò e mi lasciò passare sussurrandomi dietro: “Sono bellissime! Grazie Paoletta”. Rientrai nella mia cameretta turbata per quel che era accaduto ma, devo confessare, anche con uno strano tremolio di piacere che non m’era capitato mai di sentire. Sedetti sulla sponda del mio lettino e rimasi li, come in trance, ripensando alle mie mani che lentamente sbottonavano il pigiama e a quei seni che, nello specchio, si riflettevano belli, alti e sodi facendo capolino dal pigiama aperto.

E nel pensare tutto questo il ritmo della respirazione diventò difficoltoso, mentre una piacevole pressione dei capezzoli induriti sembrava voler bucare la seta del pigiama. Fui riportata alla realtà dalla voce, come al solito impaziente, di mio fratello che minacciava di non darmi il consueto strappo in moto fino al Liceo. M’infilai, lesta, gli slip, agganciai il reggiseno, indossai un paio di jeans e il primo maglione che mi venne tra le mani, agguantai i libri, salutai con un frettoloso ciao mamma e gli corsi dietro prendendo a volo l’ascensore che si chiuse alle mie spalle. “Ma non ti sbrighi mai la mattina” mi apostrofò come faceva solitamente e come se quella, per lui, fosse stata una mattina come tutte le altre. Inforcammo la sua Honda e partimmo a razzo sentendo, da parte mia, per la prima volta, i miei seni premere sulla sua schiena ogni qual volta la moto accelerava o decelerava bruscamente. Passarono una decina di giorni nella più assoluta quotidianità fino ad un fatale giovedì pomeriggio; papà e mamma erano come di consueto allo Studio ed io e Marco, soli in casa, nelle nostre camerette a studiare. Esasperata perché, per l’ennesima volta, non riuscivo a completare un’equazione di II^ grado decido di chiedere aiuto a mio fratello che la matematica la conosce bene; lo raggiungo in camera sua e gli chiedo, porgendogli il libro ed il quaderno, di aiutarmi.

Lui esamina l’esercizio, fa qualche correzione poi, alzando la testa verso di me, che in piedi, accanto a lui seguo i passaggi, esclama: “Paoletta, se ti faccio l’esercizio, tu a me, che fai?” “Che vuoi che ti faccia!” rispondo io “tu non hai bisogno del mio aiuto”. “Eppure” risponde lui girandosi verso di me e stiracchiandosi sulla sedia “qualcosa potresti farla per me” “Se posso, tutto quel che vuoi ” rispondo. “Ma cosa vuoi che faccia io per te?” Chiedo nella speranza che si decida a risolvermi quella maledetta equazione. “Lo vuoi proprio sapere?” incalza lui. “Si” dico. E lui “Potresti farmi toccare le tette; non solo vedere come l’altra volta: toccare” Non riesco a dire una parola, un nodo mi stringe la gola, sento il cuore martellarmi, forte, forte, nel petto ed un calore intenso mi avvampa il viso. Lui intanto s’è alzato. Mi solleva il mento con due dita delicatamente e sussurra: “ Che ne pensa questo zuccherino di sorellina che ho? “. Poggia lievemente, le sue labbra sulla punta del mio naso, poi congiunge la sua fronte con la mia e sussurra “Si può fare?” Mi sento vibrare dentro come la corda di una chitarra; mi sento così tesa da temere d’andare in frantumi da un momento all’altro.

Abbasso la testa senza trovare la forza di dire una parola mentre lui mi risolleva il mento con l’indice e il medio della mano destra e, tenendomi in questa posizione, mi sfiora, appena, le labbra con le sue. Mi carezza la guancia sinistra col dorso dell’indice poi, lo fa scendere lentamente sulla gola; scende ancora, sul collo; ancora, sul petto; scende, scende, come se seguisse un rivolo, fino al primo bottone della camicetta. Si ferma. Immobile, lo sento premere leggermente sullo sterno. Poi comincia a sbottonarmi la camicetta; si ferma appena tocca il bordo del reggiseno; lo percorre col dito lentamente: verso destra, verso sinistra, verso destra, verso sinistra. Quindi insinua la mano e mi carezza, con la delicatezza di una piuma, la parte superiore dei seni che sporgono dalle coppe. Una sensazione sconosciuta mi attanaglia lo stomaco ed il respiro si fa sempre più pesante.

Continua a sbottonare e, man mano che i bottoni lasciano le asole, libera i lembi della camicetta dai jeans; poi, risale dalla cintola fino al collo; insinua le mani tra gli omeri e la camicetta con un gesto avvolgente e la fa scivolare lungo le braccia, sbottona i polsini; la sfila lasciandola planare per terra; mi cinge il torace, armeggia con il gancio e lentamente, insinuando i pollici nelle spalline, le fa scendere lungo le mie braccia tirando, contemporaneamente e lasciando che i miei seni si mostrino, come scolpiti nell’alabastro, in tutta la loro maestosità. Fa un passo indietro, sempre tenendomi per le braccia, osserva i miei seni e sussurra estasiato: “Incantevolì!”. Prende nell’incavo della mano destra il mio seno sinistro e con il pollice raggiunge il capezzolo, tanto teso da sembrar quasi voler schizzar via, lo massaggia, girandoci tutto intorno, facendolo piegare in giù, spingendolo in su, a destra, a sinistra, in dentro. Sento le aureole tendersi come fossero sul punto di scoppiare e le gambe mi si piegano improvvisamente; lui mi sostiene; mi cinge, con le mani la schiena e chinando la testa sul mio seno destro, poggia, leggermente, le labbra sul capezzolo, poi lo succhia con dolcezza, vi passa la lingua tutt’intorno, quindi su tutta l’aureola con un movimento circolare.

Non resisto più! Vorrei urlare dal piacere, ma sento quasi di soffocare; riesco appena a respirare e mentre il mio respiro si fa sempre più ansimante, lui passa con le labbra sul seno destro e ricomincia il supplizio estasiante della lingua che si muove con destrezza mentre, tenendomi in quella posizione, riversa sulle sue braccia, mi trascina verso il suo letto; mi adagia baciandomi l’incavo dei seni e, lentamente, mentre me li stringe tra le mani, scende con la lingua lungo in mio corpo zighizagando, lasciando una scia di saliva, fino all’ombelico. Qui, comincia a saettarci intorno, lo bacia, lo mordicchia con i denti, tenta di penetrarlo con la punta mentre, la mano destra che fino a quel momento ha premuto sulla mia pancia comincia a scivolare giù. La sento allentare la cinghia dei jeans, sbottonarli e scivolare piano piano sul mio ventre fino all’orlo degli slip; si ferma, quasi indecisa, poi la risento intrufolarsi sotto l’elastico, premere sul mio pube e ancora più giu, più giù fino a sentirmi il monte di Venere avvolto in quella mano ed un dito cercare di penetrare nella “fessurina” carezzandomi il clito. Sto impazzendo, non resisto più, mi dimeno come un’anguilla mentre mi mordo le mani per non urlare….urlare…..urlare ….e una vampata di calore mi sale dall’inguine che sento tutto bagnato. Marco ha ritratto la mano, seduto sulla sponda del lettino mi osserva, mentre io ansimante e spossata socchiudo gli occhi con un gran desiderio di dormire e un’immensa quiete che mi pervade.

“Sei fantastica sorellina” mi sussurra alzandosi; si gira; va allo scrittoio; piglia il mio testo di algebra, il quaderno ed esce chiudendosi la porta alle spalle. Io rimango così, stesa sul suo lettino in uno stato di piacevole torpore. Non so per quanto tempo rimasi distesa. Appena quella piacevole tensione di cui ero stata pervasa scemò, mi alzai e, ancora stordita, raccattai reggiseno e camicetta, riabbottonai i jeans ancora aperti e raggiunsi la mia stanza. Sullo scrittoio, messo a bella posta in evidenza, il quaderno di matematica era aperto su di una pagina con l’equazione risolta. Di Marco nemmeno l’ombra; era uscito senza che lo sentissi. Passai la mano sulla pagina come a carezzarla, rimasi qualche secondo immobile ad osservarla poi, mi girai; raggiunsi il bagno, aprii la doccia mi sfilai i jeans e gli slip ed entrai sotto il getto dell’acqua bollente.

Parte 2

Quella sera, a cena, per quanto potei, me ne stetti in silenzio, evitando lo sguardo di mio fratello che invece sembrava cercare il mio; e, ogni volta che lo incrociava, i suoi occhi mi fissavano con un atteggiamento di complicità mentre gli angoli della bocca accennavano, appena, un sorriso che se da una parte mi indispettiva, dall’altra mi provocava - e questa era la cosa che mi lasciava interdetta e perplessa – una dolce sensazione di piacere che mi portava a serrare le cosce forte forte, come se volessi trattenervi, ancora, quella mano che nel pomeriggio m’aveva piacevolmente fatta esplodere.

Oppressa da un senso di colpa, per quelle cose che rivivevo, mio malgrado con piacere, appena terminata la cena, mi ritirai nella mia cameretta con la scusa di un leggero mal di testa; col benevolo consiglio di mia madre di pigliare un’aspirina nel caso pensassi d’avere un principio di raffreddore (sic!). Nei tre o quattro giorni successivi, fui tormentata da un turbinio di sensi di colpa che mi perseguitavano senza darmi tregua ed osservavo, irritata, mio fratello che si comportava con naturalezza, come se non fosse accaduto nulla di strano e che, anzi, aveva preso a canzonarmi, arruffandomi affettuosamente i capelli, ogni qual volta ci incontravamo in corridoio o dovunque per la casa, con un : “Ciao musona!” per il mio evidente stato d’animo. Ed ancor più, ero tormentata dal rimorso di essere cosciente che, attendevo, desideravo, cercavo quel suo gesto ogni qual volta ci incrociavamo. Le stanze del nostro appartamento si aprono su un lungo corridoio a forma di T divisa in due.

La parte alta comprende la zona notte con quattro stanze da letto e due bagni; nella parte bassa ci sono due stanze adibite a biblioteca e studio dei miei genitori; di fronte un salone, poi una sala da pranzo, cucina e servizi. Il sabato pomeriggio uscivo dall’ultima stanza da letto, sul lato destro della T, dove ero andata a riporre delle cose, quando ecco mio fratello che, girato l’angolo del corridoio, mi si fa incontro impedendomi il passaggio: “Ciao musona!” dice, mentre io arretro, con il cuore che batte così forte da darmi l’impressione che voglia sfondarmi il torace, finendo nell’angolo tra la finestra e la porta della stanza da cui sono appena uscita. Lui mi chiude nell’angolo tenendo poggiate i palmi delle mani al muro mentre io resto, come paralizzata, immobile, con la testa china. “Ti chiedo una sola cosa” dice “ma mi devi dire la verità e poi ti lascio andare; ma deve essere la verità! Capisci?… La verità!…” Io rimango immobile a testa china, quasi trattenendo il respiro. “L’altro giorno…” sussurra “…ti è piaciuto o non ti e piaciuto? Voglio solo la verità!” continua a sussurrare “ Se non ti è piaciuto…” leva le mani dal muro, dandomi la possibilità di allontanarmi “…vai!…”.

Non mi muovo; ansimante continuo a tenere la testa china, ma non mi muovo. “Allora?” m’incalza “si… o… no?” attende, poi “si… o… no?” Sento una vocina sospirare flebilmente quasi impercettibile: ”Siii” Avverto la mano destra di mio fratello afferrare e stringermi la spalla sinistra poi scendermi sul seno, contenerlo tutto nel palmo, cercarmi il capezzolo col pollice e l’indice e strizzarlo leggermente: “Non sta bene…” cerco di dissuaderlo io con un filo di voce. “Cosa?…” sussurra lui “…Non sta bene!…. Se io… desidero toccarti… e tu… desideri essere toccata, perché non sta bene?… Se è piacevole!… Perché è piacevole, vero?… Perché non sta bene?…” Non rispondo. So cosa dovrei rispondere, ma taccio. So che dovrei sottrarmi e scappare, ma resto immobile, ansimante a capo chino.

Ed allora lui, poggiando la fronte sulla mia testa, cingendomi il busto e stringendomi forte, sussurra: “ Vorrei godere con te e farti tanto godere,… ma ho paura…. Non voglio farti del male… non voglio costringerti…Se potessi vorrei fermare il tempo e tornare indietro. Vai se lo vuoi e, ti giuro, non ti sfiorerò più, nemmeno con un dito”. Mi accarezza ancora il seno, poi ritira la mano; fa un passo indietro con le braccia che gli penzolano lungo il corpo e rimane in attesa. Io non mi muovo. Restiamo per qualche secondo, che a me sembra un’eternità, in quella posizione poi lui indietreggia ancora di un passo, fa scendere lo zip dei pantaloni e “Guarda!…” mi dice estraendo dalla patta il suo membro teso che punta verso di me, come un missile in posizione di lancio. E’ la prima volta che ne vedo uno vero, vivo, duro e vibrante. Resto affascinata, incantata a guardarlo e uno strano magnetismo mi fa alzare il braccio destro e tenderlo verso quel coso mentre sento lontano lo squillo del telefono e poi la donna a ore che chiama, con quella sua voce buffa: “Marcoooo….telefonooo!”.

Marco, lestamente, si rimette a posto il coso e chiudendo lo zip dei pantaloni si gira e s’allontana. Io mi precipito nella stanza da cui ero appena uscita, mi butto bocconi sul letto e resto fremente ed ansimante con lo stomaco che si rivolta come quando si va sulle montagne russe. Il giorno dopo, domenica, Marco esce subito dopo pranzo con la sacca da tennis a tracollo e, dopo un po’, anche i miei genitori escono per la solita passeggiata domenicale. Rimasta sola, vado in camera mia e mi accingo a rivedere la versione di latino che ho tradotta ieri, quando sento squillare il telefono. Corro a rispondere ed un nodo mi attanaglia lo stomaco appena sento la voce di Marco che sussurra.: “Ciao musona!….Che stai facendo?” Vorrei chiudere la comunicazione; vorrei gridare, urlargli di lasciarmi stare, ma mi sento come paralizzata; non rispondo. E allora lui incalza: “Che dici!….Salgo?…” Attende per qualche secondo una mia risposta che non arriva poi continua: “Allora?… Salgo?” E interrompe la comunicazione: Rimetto a posto, frastornata, con il cuore che mi batte impazzito nel petto, la cornetta del telefono e rimango li, poggiando le spalle alla parete.

Sento lo scatto della porta che si apre e di seguito quello che chiude ed ecco Marco girare l’angolo dell’entrata e venirmi incontro con un sorriso aleggiante sulla bocca. “Beh!… Che fai qua?” Esclama facendomi una carezza sulla guancia sinistra: “…Vieni…”. Mi piglia per mano e mi guida verso la mia stanza; apre la porta; entriamo; la richiude e vi si poggia; mi gira di fronte a se, prende con le mani le mie guance; solleva il mio viso verso il suo e mi bacia sulle labbra “Schiudele un po’…” sussurra “…non tenerle serrate” Piglia fra le sue il mio labbro inferiore; lo succhia; poi insinua la lingua tra i miei denti e le labbra ed allora, ansimante, le schiudo. Sento la sua lingua penetrarmi nella bocca; cercare la mia; guizzarci intorno freneticamente, mentre avverto un piacevole sapore dolciastro. Anche la mia ora cerca la sua, accetta lo scontro, anzi lo cerca mentre le sue mani, che mi cingono le spalle, scendono lungo la schiena, alternando carezze a forti strette, poi scendono ancora, m’afferrano i glutei, li carezzano freneticamente, mi stringe a se facendomi aderire al suo corpo e sentire il suo membro teso pressarmi sulla pancia.

Stacca la bocca dalla mia e tenendomi con la sinistra, sempre stretta a se, mentre la destra circonda la mia testa, ora poggiata alla sua spalla, mi sussurra tra i capelli: “Voglio vederti tutta nuda…, …vieni…”. Mi porta accanto al letto, si siede, tenendomi di fronte, ed armeggia con la cinghia dei miei jeans: la slaccia, fa scendere lo zip e lentamente, afferrandoli sui fianchi, li sfila, lungo le gambe, mettendo in mostra le mie cosce tornite. Stordita, ansimante, pervasa da una dolce tensione, sento le sue mani salire sull’esterno delle cosce, raggiungere le chiappe, insinuarsi sotto gli slip, avvilupparle, stringerle e la sua lingua passarmi, umida, sull’interno delle cosce; salire e fermarsi…premere con la bocca… Alza la testa: mi guarda negli occhi, io li chiudo ed allora le sue mani, lasciate le chiappe, cominciano a sbottonarmi la camicetta dal basso, poi sbottona i polsini e, tirandoli, la lascia scivolare per terra; mi gira, allunga le mani sul gancio del reggiseno: lo sgancia; mi rigira piglia con due dita i lembi superiori delle coppe e pian pianino tira a se, scoprendomi il seno. Abbandonato il reggiseno, che svolazzante si posa per terra, allunga le mani sul seno, lo carezza lentamente con i palmi aperti, indugia sui capezzoli con una leggera pressione, poi scendono sul torace….sui fianchi.

Sull’elastico degli slip si fermano e con delicatezza cominciano a tirare verso il basso lasciando apparire i primi riccioli pubici ai quali avvicina la lingua che, sfiorandoli, mi provoca un brivido di piacere che mi sale lungo la schiena. Mentre anche gli slip cadono sul pavimento sento i miei seni gonfi di piacere ed i capezzoli ergersi superbi al contatto delle sue dita che mi sfiorano delicatamente la fessurina e quando, afferrandomi per i glutei, vi poggia la bocca e sento la sua lingua tentare d’insinuarsi dentro, le mie ginocchia si piegano. M’avvedo che s’è tolta la camicia nel momento in cui, per sorreggermi, mi cinge a se e, mentre col braccio sinistro mi tiene stretta al suo torace, con la destra lo sento slacciarsi i pantaloni, farli scivolare per terra poi pigliarmi la mano sinistra e guidarla a sfiorare il suo membro: “Stringilo su!… Stringilo nella tua manina” sussurra. L’afferro e lo stringo; lui comincia a muovere il bacino, poi mi stende, di traverso, sul letto con le gambe penzoloni; s’inginocchia di fronte, insinua le mani sotto il mio culetto, m’afferra le chiappe e le stringe, poi col viso, m’allarga le cosce e… lentamente ne sfiora l’interno con le labbra e la lingua; le lecca, le succhia ora l’una ora l’altra… s’avvicina alla mia passerina , apre la bocca e l’aspira come una ventosa, la succhia… la lecca… risucchia… rilecca; insinua la lingua, che sento saettarmi dentro, mentre le vibrazioni, che avverto attraversarmi il corpo mi fanno dimenare, torcere il busto, mordermi le mani tra dolci spasmi e sussulti di piacere accompagnati da un continuo mugolio. Sento le forze abbandonarmi, il corpo, ancor teso, rilassarsi lentamente, una sensazione di dolce smarrimento ed una quiete ansimante pervadermi e mentre sono in questo stato di dolce abbandono con gli occhi socchiusi, qualcosa di duro mi sfiora l’interno dell cosce. Apro gli occhi su Marco che ha cambiato posizione. Ora reggendosi col braccio sinistro teso, sul letto, mi sovrasta guidando, con l’altra mano, il suo membro possente sulla mia fessurina. L’avvicina, la percorre lentamente con un leggero, dolce strofinio; poi si ferma; vi si poggia un secondo poi… una spinta in avanti... Un dolore sottile s’espande lungo il ventre mentre scuoto la testa stringendo le labbra per impedire che il grido, che mi sale dalle viscere, prorompa sonoro nel silenzio che ci circonda.

Si è fermato…poi sento un’altra spinta: il dolore…. una spinta: il dolore ..una spinta… e poi un’altra…ed un’altra…ed un’altra…. Una fievole implorazione mi sgorga dalle labbra: “Basta!…Basta!…Ooohhh….basta!….Lui si dimena, con colpi sempre più frenetici, su e giù…su e giù…su e giù…su e giù…Un sussulto…..uno schizzo ripetuto m’inonda la pancia, poi… s’accascia, stremato, sopra di me…. Restiamo così, immobili, ansimanti, spossati, mentre pian piano la tensione scema ed un dolce, languido, caldo torpore m’avvolge, stretta fra le sue braccia. “Ti è piaciuto?” mi chiede alternando tenere carezze sulle guance con dolci bacini, appena accennati. Muovo la testa in un cenno d’assenso, lui la stringe, forte, alla sua spalla con la mano e sussurra: “T’ho fatto un po’ male vero?” Io la scuoto accennando di no; la stringe più forte: “…Si…un po’ si” mi alita nell’orecchio “… le prime volte… è sempre così…ma vedrai sarà sempre più bello” Non rispondo, rimango immobile, accucciata, stretta a lui mentre la sua mano mi percorre di nuovo la gola, scende sul seno sinistro, lo carezza, sfiora il capezzolo, senza quasi toccarlo, inturgidendolo ancora; poi percorre l’aureola facendomi tendere tutta di nuovo e quando sente che ricomincio a vibrare: “Lo faremo ogni qualvolta che ne avremo voglia” mi dice, stringendomi il seno: Il mio cenno d’assenso non gli basta: “Voglio sentirtelo dire” quasi m’impone stringendomi il seno, ancora più forte: “Prometto!… Di’: Prometto”. “ Oooohhhh…..siii …prometto!…” sussurro mentre lui si gira su di me allargandomi, con i suoi fianchi le cosce e guidando, di nuovo con la mano, il suo pene sulla mia fessurina. Quando il prepuzio è appena entrato, lo lascia; si stende su di me, cingendomi con le mani e le braccia la testa, e spinge… spinge…spinge con delicatezza facendolo scivolare, ancora, dentro di me che allungo….ritiro…e dimeno le gambe ogni qual volta ondate di piacere avviluppano il mio corpo.

Ora si muove su e giù, a scatti, con un ritmo frenetico, cercando di penetrarmi sempre più in fondo, mentre io lo assecondo avvinghiata con le gambe alle sue e spingendo col bacino freneticamente. Spingiamo: spingiamo l’un contro l’altra come volessimo fonderci in un solo corpo. Poi…un guizzo…si erge un’ istante sulle braccia…un’affondo…poi ancora un’affondo…ed ancora un’affondo, poi si lascia cadere su di me mentre vampate di calore ci avvolgono e i nostri cuori martellano all’unisono freneticamente.


Parte 3

Quella mattina, stranamente, Marco non strilla di spicciarmi se voglio un passaggio con la sua moto. Lo trovo, paziente, ad attendermi sulla porta dell’ascensore, a giocherellare con un mazzo di chiavi che riconosco subito per quelle delle nostra casa sul litorale. “Che ne devi fare di queste chiavi” chiedo incuriosita.


Lui mi guarda, sottecchi come, ormai, è solito fare quando mi vuol mandare segnali d’approccio; ripone le chiavi nella tasca del giubbotto di pelle scamosciata che indossa e mi dice: “’stamattina, non ho voglia, con questo bel sole, d’andarmi a chiudere in classe. Ieri, tra l’altro, non ho nemmeno studiato!…Che ne pensi se ce ne andassimo al mare?” “ E la giustifica?” Chiedo “Come faremo, domani, per la giustifica?” Non risponde, ma appena le porte dell’ascensore ci scaricano in garage, lui si dirige verso una automobile, posa i libri sul cofano, apre un quaderno e si mette a scrivere una giustificazione, imitando alla perfezione la firma di mamma.

Rimango sbalordita! “Da quanto lo fai?” chiedo con sorpresa ed ammirazione, tanto è perfetta: “Sono anni” risponde con una punta d’orgoglio. “Che dici, pigiamo per oggi?” Non rispondo, monto sulla moto, già rombante e sfrecciamo su per la rampa dirigendoci verso la super strada che porta al mare. Arrivati al villino, sul litorale deserto, entriamo lesti in garage, perché nessuno s’avveda della moto parcheggiata, e dalla scala interna saliamo su in casa. “ Vieni” m’invita pigliandomi per mano e guidandomi nella stanza di mamma. “Ma non dovevamo andare al mare?” chiedo mentre lui sta alzando appena le tapparelle dando un po’ di penombra alla stanza. “Perché, dove siamo?” risponde sbirciando fuori dalle fessure “Vieni!…Guarda!…Il mare sta li…” Io m’avvicino e lui: “ Guarda!…Lo vedi?” Indicandomi col dito le fessure delle tapparelle: Sbircio anch’io, mentre lui, fattomisi dietro, mi cinge con le mani i seni e strofina la patta dei suoi pantaloni sul mio culetto facendomi sentire il suo membro già duro.

Poi, avvicinata la bocca al lobo del mio orecchio destro lo mordicchia e lo succhia sussurrando: “Oggi faremo due cose speciali!” Lascia scendere una mano dal seno sul ventre e lo stringe a se, mentre l’altra l’ha posta sulle mie chiappe e le palpa, le stringe, insinua le dita nel solco del culetto poi mi gira; mi piglia la bocca, v’insinua la lingua e l’esplora. Ora sono io che m’incollo al suo petto porgendogli la lingua, fuori dalle labbra, che lui afferra con le sue: la succhia, la stringe delicatamente con i denti l’assapora mentre intanto le mani mi stanno spogliando. Cade il giaccone, scivola via la camicetta, salta il reggiseno e subito il mio capezzolo sinistro gli finisce in bocca; lo succhia, lo stringe tra i denti mentre le sue mani freneticamente mi fanno scendere i pantaloni, s’insinuano sotto gli slip e afferrandomi le chiappe mi sollevano dandomi la possibilità d’avvinghiarmi al suo collo e di sovrastargli la bocca con la mia. Ora son’ io, che cerco di penetrargli la bocca con la lingua; lui non fa resistenza, la apre e l’accoglie, quasi la beve poi, sempre tenendo le bocche incollate, lentamente mi stende sul letto; mi lascia, si alza e comincia a spogliarsi e quando il suo membro si mostra in tutta la sua potenza io, non so perché, penso alla parte terminale di una delle sbarre delle parallele, che sono in palestra, a scuola. Nudo, si siede sulla sponda del letto, mi osserva ammirato: “Incantevole!….” sussurra mentre l’indice della mano destra, partendo dalla fronte, scivola lungo il naso…sulle labbra…..il mento… la gola…Percorre il solco dei seni…poi risale all’esterno di quello sinistro per ridiscendere all’esterno di quello destro….Abbassa il viso e…lentamente…con la lingua… percorre l’aureola del seno destro, mentre la mano destra indugia sull’altro strizzando, ogni tanto, con delicatezza, il capezzolo inturgidito…Risolleva la testa… ed il dito… riprende il suo lento cammino scendendo…scendendo…scendendo fino a fermarsi ai confini degli slip…Indugia…li scavalca…riprende il cammino… raggiunge il monte di venere…l’avviluppa nella mano, mentre il medio cerca la fessurina…la trova…la percorre…di tanto in tanto premendoci sopra…, come se volesse entrarvi, penetrando anche la stoffa che la protegge.

Fremiti di piacere mi percorrono come saette e i miei occhi, mi pare, emettano bagliori accecanti di luce bianca nella penombra della stanza… Le sue mani…. mi sfilano gli slip e la bocca cerca… avidamente la mia fessurina… La succhia…v’insinua la lingua che…saetta all’interno… la punta, provocandomi sussulti spasmodici…mentre i pollici delle sue mani mi percorrono delicatamente la parte più alta e sensibile delle cosce. Il mio ansimare è ormai diventato un rantolo…la testa mi ondeggia freneticamente…le convulsioni, come in un’invasata, fanno vibrare il mio corpo…Non resisto…non resisto…non resisto…ed allora… un’onda liberatoria tracima dalle mie profondità liberandomi da quel dolce…sottile…frenetico supplizio……….

Resto immobile, ansimante e, in attesa che il battito impazzito del cuore ritorni normale, mi godo quegli attimi di dolce languore dai quali non vorrei mai uscire. Mio fratello, seduto al mio fianco mi osserva in silenzio poi, si stende accanto a me, mi piglia la mano destra e la stringe forte, forte con la sua. Io reclino la testa sul suo omero e nel silenzio, che ci circonda, ascolto il flebile sciabordio delle onde interrotto, ogni tanto, dal rumore delle rare auto che passano in strada. Quando Marco sente che la dolce tensione, che m’avvolge, s’accinge ormai a scemare, si gira verso di me, m’avvolge la testa fra le sue braccia e, tenendomela stretta, mi sussurra con le labbra che mi sfiorano la punta del naso: “ Tu, saresti capace di farmi sentire le stesse sensazioni che t’ho fatto provare io?” Giro, perplessa, la testa verso la sua; lo guardo cercando di capire nella profondità dei suoi occhi, che cosa voglia che faccia.

Lui mi ha, intanto, girata sul fianco di fronte a se, m’ha preso la mano sinistra e l’ha guidata sul suo membro, di nuovo duro, che ora tengo stretto, mentre la sua destra mi esplora la chiappa sinistra. “Si!…con la bocca…” sussurra “come ho fatto io con la tua passerina…Non vuoi farmi sentire le stesse sensazioni che hai provato tu?…”. “Ma non sono capace!…” quasi piagnucolo “…Non so cosa fare!…”. “L’importante che tu voglia farlo…” Mi alita sulle labbra “…Che tu voglia darmi lo stesso piacere che t’ho dato io….A come farlo… ci arriveremo insieme…” E mentre la sua mano ora mi passa e ripassa, delicatamente sulla fessurina, insinuandovi, di tanto in tanto, l’indice dentro: “Fin’ora non t’ho sempre aiutata?…guidata?…Mica sapevi come si fanno certe cose…Ci pensi che, fino a qualche tempo fa, non sapevi nemmeno baciare?…Ricordi come serravi le labbra?…” “Lo vuoi fare?…” m’incalza. Sebbene perplessa ed incerta, esitante gli dico di si. Ed allora lui si alza, in ginocchio, sul letto e facendomi alzare a mia volta, mi abbraccia e, stringendomi forte a se, mi da un lungo, appassionato, frenetico bacio.

Poi si stacca e: “Scendi” mi dice, aiutandomi a scendere dal letto e scendendo a sua volta; poi si siede sul bordo con il membro che gli spunta, alto ed eretto, fra le gambe che tiene larghe e: “inginocchiati qui, fra le mie gambe, sullo scendiletto” mi guida “aspetta…fatti più avanti…ecco…così” Ha afferrato intanto, delicatamente, i miei seni e li guida sul suo membro avvolgendovelo e pressando dall’esterno facendovelo sparire in mezzo. Il calore di quel coso immerso fra le mie tette sembra irradiarsi a tutto il mio corpo; alzo il viso, che sento come febbricitante, verso il suo e con gli occhi, che vedono come se guardassi attraverso un vetro bagnato, cerco i suoi: “Vuoi tenerlo tu?…”mi sussurra guardandomi profondamente: “Ecco!…,” lascia il mio seno sinistro, mi piglia la mano e la sostituisce alla sua: “Anche l’altra…” mi chiede. Ora sono le mie mani che stringono le tette intorno al suo membro mentre le sue mi carezzano con delicatezza le guance avvampate: “Ti piace?” mi chiede muovendo lentamente il bacino in modo che io senta il suo membro agitarsi tra i miei seni.

Lo guardo negli occhi con un silenzio loquace più di mille parole mentre i capezzoli, spasmodicamente inturgiditi, sembrano quasi volersi staccare dai seni e fiondarsi lontano. Istintivamente allontano le mani dai seni liberando, spaventata, il suo membro, nel momento in cui sento la sua voce allarmata (urlare?): “Ma che fai?…Così lo soffochi!…” Poi le sue mani…le sue braccia m’avvolgono tutta e: “ che scemetta che sei!” stringendomi al suo inguine: “che scemetta!…” mi canzona. Avvilita e confusa per la reazione istintiva che ho avuto: “ ma perché mi fai così?…” piagnucolo; ed allora lui mi piglia tra le mani le guance, le solleva verso di se e, beccandomi le labbra con le sue: “ma dai!…” mi conforta suadente “ scherzavo!…” mi stringe ancora il viso, mi bacia:”…passato?…”sussurra guardandomi fisso negli occhi: “si?…Ora guarda che cosa facciamo!…”.

Mi allontana da se, tenendomi sempre tra le sue gambe, piglia sul palmo della mano il mio seno sinistro poi con la destra impugna il suo membro facendo emergere il glande possente dal prepuzio “…Senti?…” mi dice avvicinandolo e facendolo lievemente strusciare col mio capezzolo “…lo senti come si cercano?…” continua a strusciare mentre, ad ogni contatto del glande, una scarica elettrica parte da capezzolo e m’ attraversa tutta. Serro gli occhi e suoni e gemiti confusi sgorgano dal profondo della mia gola. Ora il glande scivola per l’aureola, tesa come un palloncino pronto a scoppiare poi, accompagnato dai miei gemiti di estasiante piacere, passa sull’altro capezzolo. Ed il dolce …piacevole…sfrenato supplizio…ricomincia…” Bacialo!…” incalza la voce suadente di Marco mentre tenendomi per la nuca m’attira verso il suo membro. Sollevo la testa …lo guardo con gli occhi velati di piacere, m’avvicino e lo sfioro con le labbra: “si!…così!…fallo ancora!…si!…così!…” sussurra Marco con la voce tremolante di piacere. Io continuo a sfiorarlo con le labbra. “la lingua…la lingua…fallo con la lingua…” lo sento implorare. Alzo gli occhi… lo guardo…ho la sensazione di dominarlo, per la prima volta in vita mia, ed allora allungo la lingua e comincio a farla saettare intorno al suo glande…lo sfioro…la ritraggo…lo sfioro la ritraggo… ancora… e ancora… e ancora, mentre sento Marco sussultare e contorcersi ad ogni contatto.

Ora, fattami più ardita, tento d’avvolgerlo con la lingua spingendola fuori dalla bocca fino a sentire le mascelle indolenzirsi per la tensione…Un’idea m’illumina improvvisa. E’ un gelato! Si un gelato e, come un gelato, comincio a leccarlo dal basso in alto…lo lecco…lo lecco…lo lecco…Poi lo succhio…e succhiando l’attiro sempre di più nella bocca…avidamente….e…Improvvisamente mi sento afferrare dalle ascelle, sollevare… scaraventare sul letto…Marco mi è sopra…mi sovrasta…si abbassa sopra di me impugnando il suo membro…lo punta…allargo le gambe… lo sento scivolare possente…fremente dentro di me che comincio a dimenarmi spasmodicamente e mentre lo sento…lo aspetto…lo voglio, avvinghio le mie alle sue gambe ed insieme…diamo l’ultimo maestoso… crescendo sinfonico colpo di reni….Poi lasciamo che la quiete assoluta ci avvolga e, restando l’uno sull’altra, aspettiamo che le fiamme, che ci hanno avviluppati e consumati, lentamente si spengano…“Sono state speciali come t’avevo detto?” mi chiede Marco sollevando il suo peso da me e rotolandosi da una parte.” Si!” Rispondo soddisfatta “veramente due cose speciali”.

“Veramente” riprende lui dopo qualche minuto di silenzio “ce ne sarebbe anche una terza!…” . “Che cos’è?” chiedo io incuriosita. Lui non risponde.”Dai! Che cos’è?” insisto, resa ancora più curiosa dalla evidente sua reticenza. “E dai! Marco! Lo vedi come sei?. Dimmela su!” insisto. “Se mai te la faccio vedere” dice lui con noncuranza. “Si! Ti prego, dai! Fammela vedere!”. “E se poi non ti piace?” incalza lui. “Tu fammela vedere!” rispondo “ poi ti dirò se non mi piace”. “Attenta Paoletta!…Guarda che se comincio poi non mi fermo”. “Te comincia!” lo sfido. E allora si solleva sul braccio sinistro si siede sul letto, mi piglia per i fianchi e mi mette bocconi. Io incrocio le mani sotto la testa, piegata verso di lui, ed attendo guardandolo.

Marco allunga la mano destra sulle mie spalle e con le dita, come fossero una piuma, comincia a sfiorarmele lievemente; le sfiora facendo dei ghirigori sulla mia pelle e provocandomi dei brividi di piacere che mi rimettono di nuovo in tensione. Le dita ora mi percorrono la schiena, salgono e scendono più volte lungo la colonna vertebrale poi, lentamente, si dirigono sulla mia chiappa sinistra; le girano intorno; apre il palmo e con questo la stringe poi la carezza, le da un buffetto; poi di nuovo le dita che scendono dall’alto percorrendomi tutto il solco tra le natiche; risalgono sull’altra chiappa per ricominciare il loro piacevole zighizagare. Adesso Marco impiega tutte e due i palmi delle mani per percorrermi, stringere, massaggiarmi le chiappe poi, si mette a cavalcioni sulle mie cosce che allargo appena, per permettere al suo membro, di nuovo duro, di ficcarcisi in mezzo. Lui continua, intanto, a carezzarmi le chiappe; poi, spingendo con le mani, all’infuori, le allarga mentre i pollici, scesi vicino al buchino del culetto, cominciano a massaggiarlo roteandoci intorno. Anche questo mi crea quella sensazione di dolce torpore, che sento ogni qual volta le sue mani mi frugano tutta; poi il suo membro, lentamente, abbandona il tepore delle mie cosce e lo sento salire lungo la gola delle chiappe; la percorre tutta strusciandovi la parte superiore nel salire e quella inferiore quando lo sento discendere; poi risale ma, questa volta, avverto, appena, solo la punta salire e …fermarsi…la dove i pollici avevano, poc’anzi, indugiato; lo sento puntare incombente: Ho capito!… Ma me la sono cercata!… Resto immobile premendo il viso sul materasso, quasi volessi nascondermici dentro mentre, al primo affondo, stringo spasmodicamente il copriletto per non urlare.

Uno strano, sconosciuto dolore si spande lungo le viscere ogni qualvolta, sia pur delicatamente, Marco affonda, a scatti il suo membro: stringo…premo…stringo…premo…stringo…premo…stringo...ma…all’ultimo affondo il collo si tende in alto facendomi, come leva, sollevare di scatto la testa, aprire la bocca muta nella sua implorazione…ricadere esausta, mentre caldi, ripetuti schizzi m’inondano. Lentamente, con delicatezza Marco estrae il suo membro ancora vibrante: “Ho esagerato” esclama contrito “Non dovevo…non dovevo” mentre con le mani mi stringe le chiappe come se volesse riparare il danno che mi ha fatto “Non lo dovevo fare…” Dolorante, ma intenerita dalla sua disperazione lentamente mi giro…lui si china a guardarmi negli occhi dall’alto: “Non sei stato solo tu a volerlo…ricordi?.. Sono stata io ad insistere” Lui si china di slancio e m’abbraccia, mi stringe, lo stringo anche se i movimenti del bacino mi creano ancora qualche dolore. Rimaniamo così avvinghiati fino a quando l’orologio della torre non batte le tredici.

Allora di scatto saltiamo: ”Oddio! E’ tardi” esclamo mentre cerchiamo tutt’intorno i nostri indumenti: Per la fretta, lascio perdere slip e reggiseno che infilo nelle tasche mentre Marco è già sceso a pigliare la moto. Scendo anch’io, mi chiudo la porta, il cancello alle spalle, inforco il sellino e via di gran corsa stringendomi a Marco mentre, ad ogni sobbalzo della moto, sento fra le chiappe un dolorino che tutto sommato…non mi dispiace….Son quasi le due quando, seguita da Marco entro in sala da pranzo dicendo: “Scusate!” a mamma ma, soprattutto a papà chiaramente infastidito, per il nostro ritardo. “Paola!… Ma è tardi!” Esclama mamma. E alle mie spalle quel farabutto, sfrontatamente, ci mette di suo: “Sarei stato a casa da un pezzo” esclama rivolto a papà “ se la signorina, come al solito, non avesse perso tempo a ciarlare con le sue amiche” Se la signorina non avesse perso tempo a ciarlare con le sue amiche.
 
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